Loreno Sguanci

ANNI ’60: Le forme organiche

Chiave di lettura

“Sono ben lieto di aggiungere le mia alle testimonianze di stima ormai autorevoli e numerose che accompagnano il cammino di Loreno Sguanci, uno scultore ancor giovane di cui ho avuto modo di seguire il lavoro da cinque anni almeno, da quando mi apparve già così sicuro del proprio ideale plastico e così avanzato nella ricerca, da includerlo nel piccolo numero degli artisti invitati a rappresentare l’Italia nella terza biennale di Parigi. Ciò che mi colpì subito nell’arte sua fu il senso organico della forma, che lo portava ad oltrepassare la stessa tentazione edonistica della materia; voglio dire la predilezione intuitiva per un oggetto plastico con tensioni sue, che appartengono allo spazio dell’arte e però non possono commisurarsi con le leggi che governano lo spazio fisico, e che non di meno mutano, per così dire i modi d’operazione della natura medesima, germinando da un nucleo, evolvendosi secondo direttrici non mai gratuite, anzi necessarie alla completezza della forma, esattamente come negli organismi viventi o come nella costruzione dei cristalli. A questa maniera di strutturare l’immagine Sguanci rimane fedele, qualunque sia la materia aggredita, o legno o metallo o plastica, intento ad approfondire, con una non comune serietà d’impegno, il suo proposito, che è di rendere evidente il processo vitalistico onde la scultura non figurale nasce e si impone nello spazio e lo coinvolge con una carica di energia per altro sorvegliata, incanalata a produrre determinati avvolgimenti, tagli, espansioni, corrugamenti della materia, che perciò appaiono dotati di un alto potere di suggestione e stimolano infatti l’immaginativa del contemplante, il quale, seguendone la successione e connessione, quasi crede di assistere alla storia dell’opera, dal suo schiudersi al suo contemplarsi, e facilmente vi ritrova come un’idea, o piuttosto un sentimento di forza di forme primigenie e, nella loro vicenda all’origine della vita, qualcosa tra la verità e il mito di una natura ancora non differenziata ma contenente nel suo grembo tumultuoso tutte le differenziazioni possibili. Forse si sa che sono meno proclive di altri, probabilmente anche meno sensibile e pronto, all’accoglienza di un’arte non rappresentativa, perché troppo spesso l’ideazione mentale mi sembra tradire lo stesso fare pratico, esercitare la medesima violenza che il ricalco sulle cose, e insomma essere ancora una “oggettività”. Ma le sculture di Loreno Sguanci mi danno la sensazione di cose vive, palpitanti, e sarei tentato di dire perfino umanizzate e sofferenti, e dunque mi si fanno specchio del mondo nel quale si riflette, anzi si imprime, l’intimità dello scultore.“

Fortunato Bellonzi

Tratto da:
Sguanci trame di segni/Loreno Sguanci anni ’60, Edizioni Museo Omero, 2005 Loreno Sguanci, Ottagono, UCAI, maggio 1969

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